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Sean Ardoin sull’importanza di coltivare l’eredità culturale

Un'intervista di Martina Knecht | Read original English article

Sean Ardoin a JazzAscona 2022. Tutte le foto di Gioele Pozzi, ©2022 JazzAscona.



Sean Ardoin è nato a Eunice, in Louisiana, patria del cajun. Nipote di Amédé Ardoin, considerato il padre del genere zydeco dagli studiosi di musica per aver posto le basi della musica creola all’inizio del XX secolo, Ardoin è anche il discendente del noto musicista creolo Alphonse «Bois Sec» Ardoin, il figlio del musicista Lawrence «Black» Ardoin e il fratello del fisarmonicista hip-hop zydeco Chris Ardoin. Questo per dire che la musica cajun, Sean Ardoin, ce l’ha davvero nel sangue. A proiettarlo verso il successo in una carriera lunga un trentennio è stato l’album Kreole Rock and Soul, nominato ai Grammy Awards 2019 nella categoria «Best Regional Roots Music Album»; lo stesso anno la canzone Kick Rocks è stata nominata nella categoria «Best American Roots Performance». Da allora le sue quotazioni sono salite moltissimo, fino alla terza nomina ai Grammy nel 2022, nella categoria «Best Regional Roots Music Album», per l’album Live in New Orleans!, che sintetizza efficacemente musica creola e rock.


Ho incontrato Sean Ardoin durante il festival JazzAscona 2022 nel cortile del rinnovato Ristorante Albergo Al Torchio nel centro storico di Ascona. Era appena rientrato, insieme al figlio Sean David, da una gita in barca a Cannobbio, sulla sponda italiana del Lago Maggiore, che non ha mancato di condividere su Facebook.




Sean Ardoin, tu discendi da una dinastia di artisti che hanno scritto la storia della musica e adesso sei in tournée con tuo figlio. È un dare e ricevere. Perché è così importante, secondo te, prendersi cura del proprio patrimonio culturale?


È estremamente importante portare avanti un’eredità culturale, perché è questo che la storia ricorda. Il mio patrimonio culturale è la musica. Se non lo si mantiene, coltiva e promuove, se non lo si porta avanti, si rende un cattivo servizio alle generazioni future. Perché quelli che ci hanno preceduto lo hanno fatto. Quindi per me è molto importante che la musica creola sia sempre presente nel panorama internazionale. Qualsiasi cosa possa fare per assicurare che sia così, la faccio.



Noi creoli della Louisiana amiamo questa musica. La mia è un po’ diversa, ma se volete l’autenticità, andate nel sud-ovest della Louisiana.


Stai facendo conoscere al pubblico svizzero il «kreole rock and soul», un genere musicale da te stesso creato che piace moltissimo. Come descriveresti la sua filosofia musicale?


Io vengo dalla musica creola e, partendo da lì, dalla musica zydeco. Ma lo zydeco sta diventando una categoria generica, come il blues, suonata anche da persone che non hanno radici nella cultura creola. Così, per mantenere una sorta di direzione, di influenza, ho creato un nuovo genere, chiamato appunto «kreole rock and soul», in modo da poter esprimere appieno la mia creatività, senza limitazioni o imposizioni. Allo stesso tempo, sto promuovendo e spingendo la cultura creola, di cui lo zydeco fa parte. Noi creoli della Louisiana amiamo questa musica. La mia è un po’ diversa, ma se volete l’autenticità, andate nel sud-ovest della Louisiana.



Stiamo bene. I fagioli sono insipidi, ma stiamo bene.


Che cos'è lo zydeco?


Mio padre suona musica francese, mio nonno suonava musica francese. La chiamavamo musica francese o lala. Mio nonno non suonava zydeco. Ma a partire dalla metà degli anni Novanta, nel sud-ovest della Louisiana se vedi un uomo di colore con una fisarmonica è zydeco. Il nome è stato coniato da un giornalista del nord degli Stati Unitil per assonanza con le parole di una canzone di Clifton Chenier, Les Haricots Sont Pas Salés, ovvero «non c’è sale sui fagioli».


Ai tempi di mio nonno, ai tempi di Amedée Ardoin (tutte le canzoni cajun e creole sono basate sulle sue canzoni) era una frase in codice. Quando all'epoca si facevano balli in casa, si parlava di «les haricots», che significa fagioli. E dire «Facciamo 'les haricots' a casa di John» significava che le persone che non dovevano venire, i piantagrane, non sarebbero andati in un posto dove c'era da lavorare, perché se ci sono i fagioli, bisogna sgranarli. Quindi loro non ci sarebbero andati, ma le persone che conoscevano il codice si sarebbero presentate, avrebbero spostato i mobili e avrebbero ballato. Questo è il significato originale. Se poi ti chiedono «Ehi, come va?» e tu rispondi «Les haricots sont pas salés», significa «Stiamo bene. Non c’è sale sui fagioli, ma stiamo bene». Comunque, la canzone di Clifton Chenier veniva suonata in tutto il paese e il giornalista disse: «Questa musica ‘zydeco’, o qualunque cosa sia». E la cosa rimase impressa.


Quello che facciamo nel sud-ovest della Louisiana in realtà non lo esportiamo, sono io l’unico che lo fa. Tutto succede in una piccola bolla. Lo zydeco rimane lì perché i musicisti fanno i soldi, hanno successo, suonano 2-3 volte a settimana. È tutta una cultura. Ma io amo stare lontano da casa e portare la mia musica nel mondo è sempre stato il mio obiettivo. Lo faccio da più di trent’anni e continuerò a farlo.



Quali sono le lezioni più importanti che hai imparato nel corso della tua carriera?


Una cosa che ho imparato è: lascia che il tuo sì sia sì e il tuo no sia no. O ce la fai o non ce la fai. Questa è la prima cosa. La seconda è che non si ottiene ciò che si merita, ma solo ciò che si negozia. E ho imparato che quando il pubblico viene al tuo spettacolo, non gli importa che tipo di giornata hai avuto. Perciò, quando lo spettacolo inizia, ci devi dare dentro. Il mio lavoro è creare un’atmosfera che permetta alle persone di scegliere di essere felici. E i sorrisi sui loro volti mi fanno capire se lo sto facendo bene o no.





Hai qualche nuovo progetto all’orizzonte?


Ne ho due.


Il primo è un album con la mia musica suonata dalla banda musicale della Louisiana State University in collaborazione con la mia band, i Kreole Rock and Soul. Una prima assoluta. Uscirà in agosto con il titolo Full Circle. Dato che ho studiato in questa università e suonato nella banda, poter fare un album con loro significa completare un cerchio. Ed è proprio quando ero nella banda dell’università che ho deciso che avrei fatto il musicista a tempo pieno!


L’altro progetto, che uscirà l’anno venturo, è un album di studio che ho iniziato prima della pandemia. I brani erano così belli che non volevo rovinarli con un lavoro frettoloso, quindi mi sto prendendo il mio tempo.


 

Questa intervista è stata pubblicata sulla stampa ticinese il 30 giugno 2022, vedi qui.


Aggiornamento dell'autrice: Sean Ardoin è stato nominato per un Grammy per il suo album Full Circle.


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